14 Dicembre 2010


ZERO

presenta


There is no place like home
presso la Fondazione Arnaldo Pomodoro.

Via Andrea Solari 35 ore 11.30



Grazie a:

Salvatore Bravo per il fondamentale supporto tecnico, Irene Gotri Delle Donne per l'enorme pazienza, Filippo Armellin per le foto e le posizioni punk del cavalletto, Chiara Minetti per aver rincorso con la videocamera cani, contorsioniste e schizzi d'olio, Marco Valsecchi per il supporto emotivo e cartaceo, Be Bop per l'occorente per la frittura, Marisa per la velocità di stampa dei comunicati corretti fino all'ultimo, NABA per i videoproiettori prestati a sua insaputa, Nicholas per averci "solamente" risolto la mostra del 18, Celestina per i passaggi e i trasporti ingombranti, i condomini di via Col di Lana 4 per non aver protestato e chiunque ha creduto con noi al progetto e ci ha dato consigli, idee e dritte.



There is no place like home
® di Anna Caterina Bleuler, Francesca Chiacchio, Sara Errico

Esterno sera cavedio


1.Barbara Santagostini
2.Sanja Lasic
3.Valentina Maggi
4.NoiSeGrUp
5.Caudia Ventola
6.Alessandro Nassiri
7.Katia Meneghini

Gioco di ruolo di Barbara Santagostini

Foto di Filippo Armellin

Una telecamera a circuito chiuso riprodurrà in tempo reale ogni ingresso all'esposizione. Chiunque sarà costretto a presentarsi indossando una maschera: la propria o una fittizia, quella maschera che che identifica il sesso, l'età, il ruolo e i tratti caratteristici del personaggio interpretato, quella maschera che è la persona, sua traduzione latina, e che definisce a sua volta la personalità, risposta individuale che è presente fin dalla nascita e che si modifica e adatta agli stimoli esterni affettivi e sociali. Esiste un unico modo per poter cambiare il proprio ruolo: morire e rinascere. Questo comporterà una narrazione della propria morte e la presentazione con una nuova identità. Si può morire una sola volta e non sarà possibile non prendere parte al gioco.



L'undicesima porta di Sanja Lasic

Foto di Filippo Armellin

Una porta, che sembra spiata attraverso un ritaglio visivo reso dall'applicazione di tempera bianca, apre verso un interno sconosciuto. E' una porta che non viene attraversata, ma calpestata. Il percorso sovverte il piano fisico, ma soprattutto visivo. E' una porta immaginaria, l'undicesima, oltre alle dieci già presenti nell'appartamento, che introduce una sorta digiochi di specchi e una riflessione: cosa stiamo vedendo o siamo noi ad essere spiati?
Foto di Filippo Armellin

Species of spaces di Valentina Maggi

Foto di Filippo Armellin

Attraverso la costruzione di dispositivi di visione, è messa ironicamente in atto una violazione dell'intima sicurezza su cui tutti ci adagiamo ed è profanato il riferimento sicuro dato dalle mura domestiche. L'osservatore si troverà a sbirciare nele case degli altri, a indagare gli interni, a sconsacrarne l'intimità e, senza avere modo di percepire le voci e i suoni, scruterà l'eterotipia dell'edificio. Lo spettaore è tenuto a distanza, in una posizione di ossrvazione non partecipativa, condotto e relegato allo stato di voyeur.