There is no place like home #3

Va bene, metto in conto il fatto che qualcuno mi darà del noioso (e so anche chi). Però, questo ragionamento ci tengo a farlo. Insomma, al di là delle considerazioni più elementari su quanto sono interessanti gli eventi nelle case private, quanto è bello che tre giovani curatrici si siano inventate un format che funziona e quanto è divertente bersi il vinello in compagnia guardando le opere degli artisti. Ecco, al di là di tutto questo, c'è da dire che "There Is No Place Like Home" sta tirando fuori dei risvolti psicologici non da sottovalutare. Per chi non lo sapesse: il progetto prevede quattro esposizioni collettive di una sera l'una, ognuna realizzata in una stanza diversa (o due) di un appartamento e dedicata a un personaggio (o due) di una famiglia immaginaria. Al primo giro ci siamo goduti la madre, e gli artisti ci sono andati giù piuttosto pesanti: tradimenti, pasticche, monomanie esplicitate a mezzo lavagna, salame da sugo. Settimana scorsa, invece, la figura paterna si è manifestata nella forma della rimozione. Il padre si intuiva, ma non era presente, era l'ambiente a farcelo presentire senza che lui si materializzasse. Se pensate a quello che dovrebbe essere il modello della "famiglia tradizionale" italiana, direi che l'indicazione che abbiamo ricevuto è abbastanza eloquente. Alla luce di tutto questo, dunque, aspetto con trepidazione l'esposizione di questa sera, che vedrà gli artisti dividersi tra bagno e camera da letto, "abitati" rispettivamente dalla figlia e dal figlio. Trattandosi delle due figure più vicine anagraficamente tanto al pubblico quanto agli artisti stessi, ci sarà da divertirsi parecchio a livello di immedesimazione e transfert. E qui mi stoppo, perché in fondo all'aula sento già i soliti discoli che cominciano a rumoreggiare. Dai, tanto ci si vede in serata, solito posto, solita ora: chi volesse sentire altre elucubrazioni, non ha che da chiedermele.

Articolo di Marco Valsecchi

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