La casa è il luogo dove vengono scritte le storie più belle e le storie più brutte. Ci sono quattro pareti e infiniti gradi di costruzione e decostruzione.
In via Col di Lana 4, a tre passi da viale Bligny, tre curatrici d’arte (Anna, Francesca, Sara) hanno scelto l’appartamento di una di loro per ospitare, per ogni lunedì del mese di ottobre, opere di artisti diversi che hanno lavorato nella comune cornice tematica della dimensione famigliare, della sua comunicazione massmediatica, dello stereotipo e dell’inatteso che la innerva. Il pretesto delle quattro pareti è diventato un indirizzo di sperimentazione e modulazione del proprio pensiero.
Le case di Milano possono prestarsi benissimo a questo tipo di iniziative. Come l’appartamento Lago, in Brera. Il contesto e le finalità, certo, diverse, fra l’uno e l’altro. Ma l’happening si struttura sempre in una casa, che ne contamina l’atmosfera.
Stasera, bastava salire dove c’era “l’albero di Natale” (spuntava, di plastica, dal terrazzino come a dire: siamo qui e qui si gioca, a conferma dell’etichetta sul citofono), fare una rampa di scale e leggere un biglietto che, sulla porta di casa, intimava di scegliere la propria dentità prima di spingere la maniglia. Poi, dentro. Con tante altre persone, qualche viso noto (gli amici del mio coinquilino Matteo) e una casa. Casa autentica, con la tovaglia sul tavolo, i cappotti appesi nel corridoio, uno stile domestico e personale, quello di chi qui torna ogni sera a vivere. Una mappa appena schizzata (simile a quella che ho incollato qui sotto, presa qui) guidava alla scoperta delle diverse opere, che ogni settimana si sono concentrate su una figura famigliare diversa. Sono stato in cucina, dove ho annusato i libri fritti da Maria Pecchioli un paio di settimane prima. Da qui due antine di legno si spalancavano su di uno spazio indefinibile: una altissima tromba delle scale senza scala – come altro chiamarla? – buia, illuminata solo dalla luce naturale, muratura grezza e tante piccole finestrelle come in un magazzino, adibito, almeno stasera, a spazio per videoproiettare i lavori dei più svariati videomaker, quasi tutti giovanissimi.
L’esperimento mi ha ricordato gli anni Settanta. Tutto però al proprio posto, al proprio momento, anche oggi. Una casa aperta e permeabile, come piace a me. Con dentro storie e punti di vista magari inediti, da stimolare dubbi e metadubbi.
Naturalmente l’iniziativa ha un blog, che mi sono letto da capo a fondo: http://ognilunediottobre.blogspot.com. Magari diventerà una piattaforma per il catalogo, già nei piani delle curatrici, che racconterà quella che, di fatto, è stata una mostra collettiva, con un set casalingo interattivo, multimediale e multisensoriale.
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